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L’Umbria, una bellezza da custodire
L’undici maggio 1850, Ernest Renan scrive così, da Bologna, all’amico Marcellin Berthelot: «L’Ombrie est plus esthétique encore que la Toscane; Florence et Pise me paraissent presque une Beotie depuis que j’ai vu Perouse et Assise», l’Umbria è ancora più bella della Toscana, Firenze e Pisa sembrano quasi una Beozia – una terra di rozzi ed incivili – dopo aver visto Perugia e Assisi.
Allo storico e filosofo francese fecero eco in molti. Basti solo qualche esempio. Attorno al 1861, a margine di uno dei suoi viaggi attraverso la Penisola, il medievista tedesco Ferdinand Gregorovius annotò questa riflessione: «Con vera gioia da Narni mi internai nell’Umbria, giardino dell’Italia centrale. Tutto vi è sereno e aggraziato, olivi dovunque e verdeggianti colline». Nel 1876, nei versi immortali dell’ode Alle fonti del Clitunno, Giosuè Carducci celebrò l’Umbria «grande, austera, verde». Decenni dopo, nel 1929, fu la volta di Paolo Orano: ormai prossimo a diventare rettore dell’Università di Perugia, l’intellettuale di origine sarda descrisse la terra umbra come «vasta, aerosa, cruda nella vita, musicale nell’anima, pazientissima e silenziosa (…) e perturbata nella conca delle sue montagne».
Non senza eccezioni – a partire da quella, ruvida e tagliente, espressa da Goethe nel suo Viaggio in Italia -, tra Ottocento e Novecento l’Umbria attrae, affascina, suscita ammirazione, scuote gli spiriti. Nel paesaggio viene proiettata la vicenda storica e umana delle generazioni precedenti, fatta di santi e di guerrieri, di campane che implorano la pace e di campane che chiamano alla guerra. Suggestioni, definizioni ed immagini diverse – più o meno cariche di esuberanza apologetica – hanno però un comune denominatore: confluiscono tutte in rappresentazioni orizzontali, in descrizioni ed impressioni di ciò che si vede dal basso.
Di tutt’altro tenore, invece, la prospettiva sulla terra umbra offerta da Dante. Quando nel canto XI del Paradiso il Poeta descrive la patria di San Francesco, si ha la continua sensazione dei paesaggi visti dall’alto: «Intra Tupino e l’acqua che discende / del colle eletto dal beato Ubaldo, / fertile costa d’alto monte pende, / onde Perugia sente freddo e caldo / da Porta Sole; e di rietro le piange / per grave giogo Nocera con Gualdo». Dante sembra elevarsi, sembra assumere il punto di vista di un viandante che osserva la terra da un’altura, sembra vedere con gli occhi dell’aquila. Quello che emerge tanto nel canto XI quanto nel canto XXI del Paradiso – dove Pietro Damiano tratteggia rapidamente le montagne che sorgono «tra’ due liti d’Italia» – è un quadro essenziale, privo di particolari minuti eppure emozionante ed esaustivo.
La mostra Vertigine umbra. L’Umbria vista dall’alto fra realtà e immaginazione pare muovere proprio dalla visione perpendicolare e trascendente già presente in Dante. Frutto di un’idea semplice e geniale, la rassegna organizzata dalla Fondazione Cariperugia Arte propone infatti le meraviglie dell’Umbria viste sempre in una prospettiva verticale, attraverso l’aeropittura di Gerardo Dottori e Alessandro Bruschetti, l’aerofotografia, le stampe antiche e le immagini carpite dai moderni droni. L’esposizione perugina di palazzo Baldeschi – aperta fino al prossimo 25 ottobre – coniuga armoniosamente tradizione ed innovazione: alla sequenza di pertinenti accostamenti tra i dipinti futuristi e le fotografie di Paolo Ficola si aggiungono riprese aeree di grande fascino e plastici cartografici. Da un lato all’altro della mostra si ha quasi la sensazione di planare sulle preziose vestigia, sugli specchi d’acqua, sulle città, sulle forme aggraziate dei borghi carichi di storia, sui boschi e sulla natura spesso ancora florida di una regione forte e soave, ricca di res mirandae.
Le diverse visioni dall’alto restituiscono l’Umbria nei suoi tratti essenziali: dal verde all’abbondanza delle acque – come rileva Alberto Grohmann nell’elegante catalogo realizzato dalla casa editrice Aguaplano – dalla santità dei suoi luoghi sacri alla bellicosità e alla verticalità delle sue antiche fortezze. Tra dipinti e foto, tra carte antiche e video recenti, tra varietà di forme e colori, Vertigine umbra riempie gli occhi, scuote l’animo e sembra esprimere un triplice monito. A non accontentarsi mai di una prospettiva terrena ed orizzontale. A non assuefarsi alla bellezza che ci circonda. A riscoprire suggestioni nuove ed un atavico orgoglio per una terra incantevole. Da amare, contemplare e custodire, con la cura – parafrasando papa Bergoglio – dovuta ad ogni angolo del giardino che Dio ci ha affidato.
L’ha ribloggato su Tuscan Kitchene ha commentato:
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