E’ stato un avvicinamento lento ed inesorabile: il terremoto del 24 agosto ha avuto epicentro a non più di 10km a Sud, ad Arquata del Tronto; quello del 26 ottobre a una distanza simile ma a Nord, verso Visso; quello del 30 ottobre, il più devastante della serie ed il più forte in Italia da quello del 1980 in Irpinia, si è propagato da un punto distante appena 5km ad Ovest dell’antico borgo, piegando al suo volere distruttivo anche quel magico angolo di appennino.

Parliamo di Castelluccio di Norcia, da alcuni detto “il piccolo Tibet” o “il gioiello dei Sibillini”, un borgo a noi caro che ha subito un colpo durissimo. Più del 60% del paese è stato reso macerie e il resto ancora da valutare, l’accesso stradale interrotto dai crolli e la sua cara montagna letteralmente spaccata in due. Un borgo di montagna antico, circondato da vette imponenti e immerso nella luce quasi abbagliante della sua piana. Un luogo unico in perenne equilibrio tra bellezza e risanante lentezza, un sito fuori dal tempo e dallo spazio immerso in una natura tanto bella quanto instabile, la stessa natura che ha reclamato a se quel paese della piana fiorita.
Questo è un omaggio ad un luogo amato, un arrivederci a quando sarà i nuovo in piedi, un ricordo di come era e di come dovrà ritornare, un pezzetto di Umbria che il nostro antico popolo sono sicuro farà diventare simbolo di rinascita.
La Fiorita di Castelluccio di Norcia
Il Pian Grande di Castelluccio e il Fosso dei Mergani
Il Monte Vettore e il Lago di Pilato
Vi invito inoltre a leggere questo bell’articolo di Arturo Cocchi, pubblicato su Repubblica.it il 31 ottobre 2016 (subito dopo la scossa più forte), che a mio avviso racconta bene cos’era (e cosa dovrà tornare ad essere) Castelluccio di Norcia, anche per chi magari non aveva mai sentito parlare di questo meraviglioso luogo prima del terremoto: “Castelluccio, le lenticchie e la Fiorita. Un tesoro da salvare“.